sabato 29 aprile 2017

Ercolano

Le origini di Ercolano sono tre diverse storie da raccontare:

La prima, quella mitologica, secondo cui venne fondata da Ercole di ritorno dall'Iberia (la Spagna) dove aveva affrontato la decima delle sue famose fatiche. Approdato su queste coste fondò Heràkleion per i greci o Herculanum per i latini.

La seconda storia è quella "reale", o che è stata ricostruita in base a degli studi: Ercolano ebbe origine greca e venne in seguito conquistata dai Sanniti. Verso il III secolo prima di Cristo, viene annoverata fra quelle città che lottarono strenuamente contro Roma, alla quale cedettero nell'89 a.C. 
Con  l'annessione a Roma, Ercolano crebbe fino a diventare un fiorente centro commerciale. Tuttavia, al contrario di Pompei, questa non era la caratteristica più spiccata di Ercolano.
La posizione favorevole sulle pendici del Vesuvio e affacciata sul mare la fece un rinomato luogo di villeggiatura per le famiglie patrizie, che vi costruirono sontuose dimore.


























La terza "origine" della città è stata la sua rinascita ed è avvenuta per cause del tutto fortuite. Tra il 1709 e il 1710 il Duca olandese D'Elbeuf decise di stabilirsi nel paese di Rasina, all'ombra del Vesuvio proprio in riva al mare. Dopo aver acquistato la sua casa fece scavare un pozzo per risolvere il problema della penuria d'acqua che c'era nella zona. Scavando a forza di braccia nella pietra vulcanica scura, invece che l'acqua, venne alla luce un pezzo di bianchissimo marmo.

Lo scavo del pozzo era finito proprio in corrispondenza del teatro dell'ormai dimenticata Ercolano, uno dei "bacini" più ricchi di statue e marmi della cittadina scomparsa.
Questo, però, non fece iniziare le campagne di scavo, non fece sì che gli ingenti reperti venissero riportati alla luce per il bene dell'umanità, ma il nobiluomo se ne appropriò dandoli in regalo ai suoi potenti amici di mezza europa. Ed ora gli splendidi reperti (quelli tornati all'attenzione del pubblico) possono essere ammirati in diversi musei in giro per il mondo.

Oggi gli scavi di Ercolano si presentano come un'immensa fetta di torta Saker (i sedimenti  vulcanici che ricoprirono Ercolano -cenere e lapilli- sono scurissimi) scavata sotto la città "moderna". Vista dalla passerella d'accesso si ha proprio l'impressione che sia stato tolto un grosso parallelepipedo di terra e ne sia scaturita una città non troppo diversa da quella che sta sopra.
E qui sta la magia, camminare per le strade romane fa rivivere una storia vecchia millenni ma attualissima. 
La vita in un villaggio di epoca romana che improvvisamente è stato svuotato dei suoi abitanti vestiti di tuniche e stole e sostituito da turisti curiosi che allungano il collo alla loro ricerca.
Ma dove sono finiti tutti gli abitanti?
Almeno 300 persone sono accalcate nella parte più bassa della città, a cui si accede con uno stretto e buio cunicolo.
Duemila anni fa, fino all'eruzione, questa era la spiaggia di Ercolano e le strutture del porto hanno offerto l'ultimo rifugio a questi sventurati. 
Probabilmente durante gli ultimi anni prima dell'eruzione i terremoti erano un fenomeno frequente e la popolazione sapeva bene che i "fornici" rappresentavano un rifugio solido. Erano quindi soliti rifugiarsi sotto questi possenti archi per trovare riparo. Inoltre fornivano un tetto dalla costante pioggia di ceneri incandescenti.
Ma i corpi ritrovati in queste sale hanno una particolarità: sono solo 300/350 persone quando Ercolano ne ospitava almeno 4.000. Dove sono finiti gli altri abitanti?
Perché tra questi corpi quasi nessuno ha con sé le proprie ricchezze? 

E' normale pensare che, tra il minimo indispensabile per la fuga, in molti abbiano pensato di prendere le cose di valore che possedevano, pa solo pochissimi di loro hanno con se gioielli o denaro.
La risposta a questo enigma potrebbe essere che questi erano gli ultimi rimasti da salvare di un popolo in fuga. Le navi in partenza furono riempite di chi poteva pagare la propria salvezza mentre per ultimi sono stati lasciati gli schiavi. Gli "ultimi", appunto, in attesa di una nave che li avrebbe salvati. In attesa della salvezza che non arrivò mai.

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